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Perchè Padre Pio a S. Giovanni Rotondo?

1 Dicembre 2008 di Giulio Giovanni Siena

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Sullo stesso argomento Giulio Giovanni Siena ha rilasciato un’intervista a Teleradio Padre Pio, mandata in onda il 23 settembre 2011, riportata nella sezione “Video“

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Elaborazione grafica di Giulio G. Siena

I fedeli che giungono a San Giovanni Rotondo spesso si chiedono come mai la Divina Provvidenza abbia destinato Padre Pio in un paese sperduto del Gargano e gli abbia fatto trascorrere lì, quasi ininterrotta­mente, i restanti cinquantadue anni di vita, «quasi piantato ai piedi di una Croce».

Il frate santo rivelò in una lettera che fu Gesù a costringerlo a chiedere al padre provinciale, in un momento di particolare sfinimento fisico, di inviarlo proprio a San Giovanni Rotondo, dove lo stesso Gesù gli aveva assicurato che si sarebbe trovato meglio.

Padre Pio accenna anche ad altre ragioni, che però preferì non rivelare («che qui tacere è bello»), ricollegabili alle tristi condi­zioni storiche e sociali del paesino garganico. La storia della cittadina garganica, infatti, è costellata da episodi di violenza e di soprusi, fonti di infinite sofferenze per la popolazione.

Nel mese di ottobre 1860, in occasione del Plebiscito per l’unità d’Italia, la plebe sangiovannese, accecata dalla secolare oppressione borbonica ed istigata da menti perverse, trucidò barbaramente ventiquattro cittadini liberali che avevano il solo torto di essere gli uomini più onesti e istruiti del paese e di volerla sottrarre al suo stato miserando.

A causa di quell’eccidio a San Giovanni Rotondo, non vi poté essere ricambio politico e i vecchi notabili poterono continuare a spadroneggiare sulla sfortunata plebe. Inoltre esso provocò strascichi di odio tra le famiglie coinvolte.

Con tali premesse fu quasi inevitabile che accadesse un secondo grave fatto di sangue, avvenuto per cause politiche il 14 ottobre 1920, qualche anno dopo l’arrivo di Padre Pio.

I socialisti, vincitori delle elezioni, volevano che sul balcone del Municipio sventolasse la bandiera rossa, per proclamare il Soviet.

L’odio tra partiti e il tafferuglio tra un socialista e un carabiniere bastarono ad accendere la miccia. Partì un colpo di moschetto, forse strappato dalle mani di un carabiniere che restò ucciso. I soldati persero la calma e cominciarono a sparare sugli inermi contadini. Alla fine nella piazza antistante il Municipio giacevano 14 corpi senza vita e ottantuno feriti.

Alla base di queste lotte c’era la secolare questione dell’assegnazione delle terre demaniali. Queste erano state promesse agli ex combattenti della prima guerra mondiale ed ora rischiavano di andare nelle mani dei socialisti.

San Giovanni Rotondo, situato sulle brulle pendici del monte Gargano, era un paese pressoché sconosciuto ed insignificante. Versava in condizioni igienico-sanitarie infime, senza fogne, luce, acquedotto e con l’acqua dei pozzi insufficiente. Gli oltre diecimila abitanti erano dediti in prevalenza alla pastorizia ed al lavoro dei campi.

«Quando il Padre Pio vi era giunto (28 luglio 1916), a bordo della piccola autocorriera che lo collegava alla vita civile, la popolazione viveva in misere abitazioni ove s’ammassava promiscuamente perfino con gli animali. Mosche, zanzare, tifo: e libere mandrie di suini che si contendevano i rifiuti della strada». [1]Cfr. Testimonianza dattiloscritta, parte I , pag. 44 – Relazione del 27 gennaio 1971 del Cav. Francesco Morcaldi di San Giovanni Rotondo.

Queste erano le tristi condizioni di vita che accomunavano le popolazioni di tutti i comuni del Gargano.

Tra Padre Pio e sangiovannesi si era instaurato subito un rapporto schietto, favorito dall’affinità di carattere dei contadini garganici con i «pucinari» [2]Abitanti di Pietrelcina, i quali conducevano una vita altrettanto stentata.

Il 20 settembre 1918, mentre P. Pio era as­sorto in pre­ghiera nel coro della chiesetta, dal Cristo cro­cefisso parti­rono cinque dardi di luce che gli tra­figgevano mani, piedi, costato. Le stimmate, dalle quali sgorgava sangue vivo, gli sa­rebbero rimaste im­presse sul corpo per tutta la vita, fino in punto di morte.

La notizia si diffuse rapi­da­mente in Italia e all’estero.

La popolazione si era già accorta che il frate era un preveggente e era anche capace di leggere nel pensiero. Qualcuno giurava di aver assistito a strani fenomeni di bilocazione o levitazione. Altri, dicevano di aver avvertito nell’aria, in taluni momenti particolari , un dolce profumo di rose o di violette.

Questi fenomeni, razionalmente inspiegabili, suscitavano cu­rio­sità e stu­pore e spesso erano accompagnati da guarigioni straordinarie o erano forieri di buone o cattive nuove.

I sangiovannesi, convinti di avere un santo in casa, decisero di ammainare le bandiere politiche, che promettevano terra e procuravano sangue, ed inalberarono il vessillo luminoso della fede, aggrappandosi con tutte le loro forze alle vesti del «loro» Padre Pio.

Il cappuccino corrispose alle necessità spirituali dei sangiovannesi, dando nuovo impulso al Terz’ordine Francescano, avvalendosi della collaborazione di un gruppo di instan­cabili donne, tra cui alcune inse­gnanti, che egli istruì e mo­dellò «per prepararle alla pugna».

Attraverso loro attività di apostolato la luce di Dio si propagò in tutte le case.

Il piano di Padre Pio di aiutare un popolo sofferente a rialzarsi dalla polvere cominciava lentamente a prendere forma.

Per strappare le grazie al cuore di Dio misericordioso, egli pregava continuamente la Madre Celeste ed offriva al Signore tutti i suoi patimenti.

E’ risaputo che alcuni rappresentanti del clero locale con la complicità del vescovo di Manfredonia, forse gelosi delle folle ­­ che il Padre sapeva rac­cogliere intorno a sé e del denaro che egli riusciva a far scivolare nelle famiglie più povere del paese, provocarono, attraverso esposti calunniosi, misure re­strittive del Sant’Uffizio.

Quando la lotta tra gli accaniti oppositori e gli strenui difensori dell’innocente Padre Pio ebbe raggiunto il culmine, gli fu proibito di celebrar messa in pub­blico, di avere corri­spon­denza spirituale e, infine, di confessare i fedeli, suscitando l’ira dei sangiovannesi.

Nel 1921 cominciarono a serpeggiare le prime insistenti notizie di un suo imminente trasferimento. Migliaia di sangiovannesi, per nulla timorosi della forza pubblica che l’anno prima aveva sparato sulla folla seminando morte, non esitarono a scendere in piazza con intenzioni tutt’altro che pacifiche.

Nei cortei, dopo tante divisioni, c’erano socialisti e fascisti, uomini e donne, signori e cafoni, gente colta ed analfabeti, tutti determinati a difendere un povero ed umile frate, colpevole soltanto di voler pregare e soffrire abbracciato alla Croce di Cristo.

Era il segnale che Padre Pio, con il suo esempio luminoso ed il suo insegnamento, era riuscito a ridare al corpo sociale, fino ad allora diviso e dilaniato dalle lotte di classe, un’unità di cui s’era persa la memoria. Fu questo il primo grande miracolo di Padre Pio per San Giovanni Rotondo, rivelatosi molto prezioso per la sua rinascita politica e sociale. La città poteva finalmente andare incontro ad un lungo periodo di pace e di prosperità.

In quei frangenti l’emulo di Cristo, commosso e preoccupato per la sorte della popolazione, di cui conosceva bene l’indole non sempre pacifica, pregò il Signore di riversare su di sé «qualunque mortificazione», pur di allontanare il pericolo di nuovi «luttuosi avvenimenti» per la sua «cara cittadina».

Tra il 1919 e il 1931 si registrarono diverse insurrezioni armate in difesa di padre Pio, tutte efficaci e, per fortuna, senza conseguenze. La determinazione popolare indusse un giornalista locale a pubblicare nel 1921 un articolo dal titolo molto eloquente: «Padre Pio non lascerà mai San Giovanni Rotondo». Con grande spirito profetico egli affermò:

«Il nostro popolo non può assolutamente rinunciare a Padre Pio. Questi è ormai nostro, e nostro dovrà restare nella storia e nei secoli venturi che di Lui celebreranno i grandi miracoli che opera ogni ora».

E così è stato.

I sangiovannesi non esitarono a istituire picchetti armati intorno al convento, neutralizzando diversi tentativi di trasferimento del frate, che si protrassero per oltre un decennio.

Finalmente nel 1933 la Santa Sede reintegrò Padre Pio in tutte le sue funzioni e cessò anche il pericolo di trasferimento in altro convento.

Alla fine il Cav. Francesco Morcali, sindaco di San Giovanni Rotondo, ed Emmanuele Brunatto, due persone dalla personalità molto diverse, ma ugualmente determinate, che tanto si prodigarono per la “liberazione” del Padre, potevano andare fieri della loro opera insieme a tutta la popolazione di San Giovanni Rotondo.

In quel periodo di epiche lotte un fremito d’amore e di riconoscenza spinse Padre Pio a promettere di ricordare il «prediletto» e «generoso» popolo sangiovannese, nella sua «povera ed assidua preghiera, implorando per esso pace e prosperità» e ad esprimere il desiderio che «ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra».

 

(proprietà riservata – Per approfondimenti leggi, dello stesso autore, il libro Padre Pio e S. Giovanni Rotondo nei disegni della Provvidenza – Bastogi editrice, Foggia, 2002)


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↑1Cfr. Testimonianza dattiloscritta, parte I , pag. 44 – Relazione del 27 gennaio 1971 del Cav. Francesco Morcaldi di San Giovanni Rotondo.
↑2Abitanti di Pietrelcina

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