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Michele Capuano

9 Maggio 2011 di Salvatore Antonio Grifa

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Nota

Viene riportata la relazione del Prof. S.A. Grifa, tenuta nella conferenza commemorativa promossa dal Lions Club il 14 giugno 1998 nel Chiostro “F.P. Fiorentino” del palazzo municipale di San Giovanni Rotondo.

(Tratta da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006).

Dott. Michele Capuano (1913-1993), medico e letterato

Viene riportata la relazione del Prof. S.A. Grifa, tenuta nella conferenza commemorativa promossa dal Lions Club il 14 giugno 1998 nel Chiostro “F.P. Fiorentino” del palazzo municipale di San Giovanni Rotondo.

(Tratta da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006).

personaggi_capuano_2

Rivolgo un saluto cordiale e grato a tutti i presenti, augurandovi di trascorrere una serena e piacevole serata.

Un ringraziamento sentito va  rivolto alla  benemerita  Associazione dei Lions Club,   Distretto 108 Italy –  di San Giovanni Rotondo, che  ha organizzato questo nostro  incontro ed in  particolare   al  dott.    Vittorio Tassi, tanto  sensibile  ed  attento  a  codesti avvenimenti.

Porgo anche i saluti della Società di Storia Patria per la Puglia Palazzo Ateneo di Bari, cui mi onoro di appartenere.

Oggi siamo  qui  riuniti,  in  questo  Chiostro  che rappresenta il cuore  vivo e pulsante della nostra città,  per ricordare,  a grandi linee, la figura  e l’opera del dott.   Michele Capuano.

Quando il dott.Tassi mi propose di partecipare a  questa serata, io accettai   con  vera  gioia  (Gaudium   magnum, direbbe Sant’Agostino) ed  insieme  cercammo  di  dare  una titolazione all’evento,  ma  subito un’idea, imperiosa  e  determinante,   si sovrappose alle altre:  la Memoria.

Ed ecco che  titolammo  questa  serata “Per non dimenticare”, intendendo  la Memoria  come  una  grande  anima  che,  lentamente  e profondamente,  affonda  le  sue  radici  nel  passato  e,  rigenerandosi, vive e respira nel presente.

Passato e presente vivono,  in  una continua simbiosi temporale,  spaziale,  affettiva,  che  si  fa  memoria  collettiva  di  tutto  un popolo.

Bisogna,  allora,  con forza illuminare questi  sentieri  della memoria, dare  voci  e  volti   a  quelle  ombre  ed  immagini  che improvvise si presentano  alla nostra mente ed accorrono intorno al lago del nostro cuore.

E proprio in  questa memoria va collocata la splendida figura del dott.Capuano.

Nella  memoria  collettiva  di  tutto un  popolo,  che mai  deve dimenticare i suoi figli migliori, io vedo la primaria valenza ed importanza di questa celebrazione-commemorazione: per non dimenticare.

Un  popolo  che dimentica  le  sue origini,  la  sua Storia, le sue costumanze,  le sue  tradizioni, il suo linguaggio, lentamente ha già cominciato a morire.

Non c’è futuro senza memoria e la giovinezza dei popoli è una lunga e ricca vecchiaia.

E Capuano fu pregevole “Cantore,  Aedo, Testimone”  di tutto questo.

La stessa memoria collettiva del popolo garantisce il privilegio della sopravvivenza.

Ed  è  con  la  memoria  che  l’uomo  vince  la sua  sfida  con il tempo e sulla morte stessa e con Platone possiamo  dire che la “Memoria  e  il Tempo  sono  l’immagine  mobile dell’eternità” ( Dialoghi, Timeo).

Sant’Agostino ammoniva  che “Il Tempo  è  una grande anima che  comprende  il  passato  come  memoria,  il  presente come visione, il futuro come attesa ( Le Confessioni, X ).

Non a  caso, rivolgendomi a voi, in apertura di  questa  mia conversazione, ho detto  che  sono grato a  tutti  per la presenza dimostrata  in  questo  luogo  ed  in questo tempio cittadino della Memoria.

Una città non deve mai dimenticare i suoi figli che  hanno  prodotto un patrimonio culturale, morale,  spirituale e  deve mostrare loro profonda  e sincera gratitudine.

Già il sapiente Demostene ammoniva i suoi Ateniesi:

“..Guai a quella città che non mette al centro delle sue piazze un Tempio dove pregare  i suoi Dei.

Guai  a  quella  città  che  dimentica  i  suoi  Padri e i suoi figli migliori.

Guai a quella città che dimentica la sua storia.

Essa è  destinata  a  trascinarsi miseramente nel nulla del nulla ( Per la Corona, 121 ) .

Un  monito  che ci  fa  tremare  le vene  dei  polsi . Ed anche per questo siamo qui riuniti stasera.

Lo stesso Seneca ricordava ai suoi cittadini romani:

“Chi  nega il beneficio ricevuto è un ingrato ed è ingrato chi lo dissimula  e  più  ancora  chi  non  lo rende, ma il più ingrato di tutti è colui che lo dimentica (I Benefici, libro III, 3).

Ed ancora:

“Facciamo l’elogio di  quegli uomini pii che furono i nostri antenati, secondo l’ordine delle generazioni.L’Altissimo ha  profuso  in  loro la Sua  gloria…Rifulsero fra di essi illustri regnanti ; altri  furono maestri  di musica  e  composero   canti poetici .   La  gente  racconta   la  loro  sapienza  e  la  Sinagoga celebra i loro elogi ( Bibbia, Ecclesiaste,  Libro della Sapienza, 44, 1-15).

La nostra presenza  qui stasera, vuole essere un sincero e sentito atto di gratitudine nei confronti del dott.   Michele Capuano.
Benedetto Croce diceva che una persona  non  muore  mai fino a quando  nella mente  e  nel  cuore   degli amici  resterà il suo ricordo.

Chi era il dottor Capuano?

Come è difficile, però,  parlare di un uomo!

Don  Bosco soleva dire  che  quando giudicava  un  uomo  gli tremavano le vene dei polsi, in quanto era tutto un universo che si apriva davanti a sé.

Ed  è   proprio vero. Io  avverto  una  certa  inquietudine  nel ricordare e  presentare  a  Voi  questa figura,  anche perché ,  il tema degli assenti ha sempre nutrito, stimolato,  suggestionato il nostro animo ed immaginario collettivo,  in contrapposizione  al tema del ritorno (nòstos):

Omero, Platone, Aristotele, Dante, Vico,  Proust,  Borges.

Il  tema  dell ’Assente e  del  ritorno ha  sempre  accompagnato l’uomo nella sua avventura esistenziale ed ognuno di noi custodisce  nel  suo  cuore la  sua Itaca, intesa  come un universo di emozioni, di affetti, di sentimenti:

“Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza “

(Dante, Inferno, XXVI, 117-121).

Sì,  proprio la virtù  intesa come imperativo categorico kantia- no (..Il cielo stellato  sopra  di me e la legge morale dentro di me),   proiettata  verso  la  serena   e   giusta consapevolezza di aver vissuto bene.E bene ha vissuto l’uomo Michele Capuano, seguendo virtute e canoscenza e lasciando dietro di sè una luce (klèos) che illumina  tutta la  sua  persona.

La  più  grande  sciagura   per  un   greco  era  quella  di  morire aklèos, senza  lasciare  traccia  di  sé,  senza luce.   Ed  anche  in questo Lellino è stato grande.

Ora,  non  voglio annoiarvi  elencandovi  le  sue opere storiche,scientifiche, letterarie: sono tante.Volumi di  poesie,  narrativa, saggi medico-scientifici, biografie varie.

Io voglio qui presentarvi soprattutto l’uomo e l’amico Capuano. Ho usato la parola uomo ed ancora una volta non a caso.

Egli era per tutti noi Don Lellino. Bastavano  queste due parole per individuarlo e caratterizzarlo: non ci voleva altro.   Egli era il Medico  per  eccellenza . Aveva  il  dono  di   esorcizzare  ogni malattia con la sua calda  e  suadente  parola .   Egli  vedeva  nel malato soprattutto una  persona,  un uomo,  nel senso  completo della parola .   Era uno  stupendo   affabulatore e  parlava   della malattia come se raccontasse una fiaba ed il malato non vedeva in essa un nemico ma imparava a  convivere,  sentendola  come una parte di se stesso che  bisognava  aggiustare, con pazienza,  serenità e qualche  preghierina  a  Padre Pio non guastava mai, come spesso soleva affermare.

Don Lellino era il medico di tutti,  l’amico di  tutti e mai parola fu usata in modo più appropriato.

Io non intendo, qui stasera, la parola DON in  senso patronimico e feudale:  essa appartiene ai secoli della vergogna  e del  silenzio. Io la intendo nell’accezione classica,   come Dominus-compos sui (C.Celso), cioè  Padrone  e  Signore di se stesso e non degli altri.

Ed  il  dottor  Capuano  fu  veramente un Signore. Egli aveva la grazia, la virtù ed il dono della pazienza, della cordialità.

Un  grande equilibrio interiore lo guidava  nei  suoi atti e la sua voce  calda ,  serena,   profonda,  corposa,  tutto  ti  avvolgeva, ti   entrava   dentro (direbbe Shakespeare),  nel cuore  e   nella mente e ti dava tranquillità.gioia .   E bene  avrebbe  detto  di lui Socrate: “Parla,  fa che io ti veda “(Platone, I Dialoghi).

Anche  nell’aspetto, Capuano aveva una corposità umanizzante, avvolgente,  che lo  rendeva  affabile,  simpatico ed umile nello stesso tempo. Quando eri con lui sentivi nel tuo  cuore  e  nella mente  quel  gaudium  veritatis che tanto  amava e cercava  il sommo e divino Sant’Agostino.

Il suo volto era sempre sereno, gioviale ed Epicuro avrebbe ben detto che  “era lo specchio della sua anima”.

Ho ancora una  volta  usato, non a caso,  la  parola umile,  riferendomi a Don Lellino, intesa  come l’anticamera di ogni perfe-zione.   Essa deriva  da  humus-terra ed egli fu piena espressione di quella terra garganica, nei  suoi fiori e frutti più belli.

Humus, come materna terra, cui tutti dobbiamo tendere:

“Antiquam exquirite matrem:
Andate alla ricerca dell’antica Madre “
(Virgilio, Eneide, III, 96).
 
“Noi siamo terra orante:
nostra sorella e nutrice
la terra, madre che ci germoglia
unitamente
alle eterne radici
(D.Maria Turoldo, O sensi miei ).

***

Ogni  tanto,  per motivi  di studio,  andavo a casa di Lellino e lo trovavo quasi sempre  seduto al suo piccolo tavolo di lavoro, di fronte alla sua immancabile e mitica macchina da scrivere.

Sulla  scrivania  vi  era una  miriade  di volumi   accatastati uno sull’altro e fascicoli a non finire di riviste di Storia, di tradizioni popolari  e  di varia  cultura. Il  suo studio mi affascinava  profondamente e mi appariva come il Santuario della cultura e del sapere. Lì sentivi  e  toccavi  quasi  con  mano  il  respiro  delle “humanae voces” che da sempre ci accompagnano nel cammino di civiltà (Garcia Lorca).   Lellino mi  appariva  come Trilussa , seduto  al centro della sua stanza da lavoro, circondato  e nasco- sto dai suoi libri.

Appena  mi  vedeva,  egli  mi stringeva la mano, mi invitava nel suo  studio  con  grande  cordialità e dovevo  quasi  per forza, in segno di ospitalità e di amicizia,  accettare  o   una tazza di caffè o un bicchierino di rosorio, fatto in casa, s’intende!

E poi,  guardandomi  con i suoi  occhi  buoni  e indicando i suoi libri mi diceva”  Saturì (Salvatore),  oggi sono proprio contento,  ho parlato con Croce, con Virgilio, con Dante…..”.

Un giorno mi parlò  dell’autenticità  e  del restauro di una tela, a proposito di una mostra retrospettiva del pittore-pastore Matteo Russo (Mattaie Cirille, anch’egli sangiovannese).

Io  rimasi  affascinato  dal suo  sapere  come critico d’arte e dal modo  di   porgere  i  suoi    concetti  a   proposito  dell’uomo  e dell’artista Russo. Le sue parole, modulate all’occorrenza dal timbro di voce (flatus vocis, direbbe Cicerone), ti conquistavano, entravano  nel  cuore  e  nella mente e tutto era bello, veramente bello. Quella bellezza estetica del dialogo e della parola su cui il sommo Croce scrisse cose egregie nella sua Estetica.

Per avere un’idea di  Capuano come  saggista, bisogna leggere “Tempo  e  immagini del Rinascimento italiano, Vallisa editore, Bari 1990, con presentazione di Mauro Spagnoletti.

Leggendo quelle pagine, si tocca con mano la raffinata, classica e profonda cultura di Lellino e non poteva essere diversamente,  se  si  pon mente all’ambiente culturale e domestico  in cui egli visse e fu immerso fin da fanciullo.

Egli era figlio di Matteo Capuano (1876-1948), anch’egli medico, letterato e colto saggista, nonché brillante docente di Lettere greche, latine e di  Materie  scientifiche .   Pubblicò innumerevoli lavori  medico – scientifici e tante le sue traduzioni di scrittori e poeti greci e latini, oltre ad essere raffinato  filologo, glottologo, e profondo cultore della lingua  francese,  tedesca, spagnola.

Figura  straordinaria,  meritevole  e degna  di  essere  ricordata.

(cfr.Scritti e discorsi in memoria del dott.Matteo Capuano, nel I anniversario della morte, Sant’Agata di Puglia 1949, pp.33).

Ma questa è un’altra storia !

La presenza di Capuano nella cultura di San Giovanni Rotondo è molteplice  e  profonda:  storiografia, fiabe, racconti, poesie e tanti altri studi non ancora editi,  specialmente di demologia.

I   suoi volumi  hanno  raccontato la vita  di  un  popolo nel suo quotidiano e faticoso cammino di civiltà.

Notevole  e preziosa la sua presenza  come studioso ed esperto anche nella Causa di Beatificazione di Padre Pio. Dal 1983 al fu  componente  della  Commissione  storico – scientifica per la  suddetta  Causa  e  uno  dei  suoi ultimi  scritti e pensieri è  proprio il  rapporto medico- scientifico  sul  miracoloso Cap- puccino ,  inviato   alla   Santa  Sede   prima   di   morire  (  10 marzo 1993).

Capuano ha dato voce  alle speranze, ai sospiri, alle gioie,  ai dolori, ai sogni  di  intere generazioni che hanno vissuto nelle antiche vie del borgo antico di San Giovanni Rotondo.

Il dialetto sangiovannese per Capuano era cosa sacra, da custodire e  tutelare  sempre  e lo considerava come il  primo respiro dell’anima di un popolo,  come  affermava   anche   Sua Santità Giovanni XXIII.   E  nelle  sue opere poetiche il dialetto assurge veramente  ad  arte  ed  espressione  sublime  dell’anima  e  del del cuore, fino a farsi pensiero e parola .

Senza dubbio  egli  è stato uno dei più fini poeti dialettali italiani,  come  scrisse  Marco I. De Santis (In ricordo di Michele Capuano, Pirgiano, IV, 6, Dicembre, Foggia 1993, p.4).

“ L’ultima volta che udii  una  cantilena  d’amore  nel  dialetto della mia terra, fu una notte di settembre del 1944, in una viuzza della mia città,  all’avvicinarsi  delle truppe  inglesi .

Il   canto fioriva melodioso  come  un’onda  di aromi sollevata dal vento.

Fuori era uno stellato di paradiso!

Mi trovai  sul  balcone  non so perché.   E non  mi  accorsi,  così avvinto dalla melodia,  che  moriva  in  quell’attimo,   divisa tra cielo e  terra, tutta l’anima della  mia gente ,  con la  sua forza, i suoi misteri, in un accorato sospiro di malinconia”.

Così egli scriveva nel  Preludio ai  suoi  “Canti  popolari  della mia Terra, Foggia 1954”.

E questa gente  garganica  trovò  in lui  il suo Aedo e Cantore, il suo affabulatore di storie antiche-anticorie.

La  sua  poesia  si  fece  canto  corale  ed  epico, specialmente in  quella meravigliosa  opera  intitolata  Concerto garganico, che bene si potrebbe appellare Garganide (belli  e  suggestivi  i disegni di Francesco Paolo Fiorentino) per tutto l’universo  di sentimenti e di emozioni che preziosamente racchiude.

“….    sarà la lunghezza degli orizzonti o la linea pura dei colli, sarà il verde delle foglie o il fresco colore  della   terra che par di velluto  o  la suggestione  della  luce  che gioca la sua danza irreale come in una vasca di acquario; saranno l’aria o il cielo o  la  polvere  dei millenni,   per  cui  tutto  è   antico  e recente, non so come né perché …

Ma chi vi giunge,  sente che questa terra lo avvince e lo ferma.

E’ stato  sempre  un vezzo  contrapporre  il  Gargano  magico, perché Dio lo creò in un giorno di letizia,  al  Gargano chiuso dei briganti, che fanno subito pensare  alla  strada  solitaria,  a caverne affumicate tra sassi e sterpi, a  casolari  e  palazzi  con l’uscio sprangato. Son tutte cose che paiono semplici,  ma poi ti accorgi  della  loro  complessità  quando  cerchi di  studiarle  e capirle e vengono fuori certi aspetti nuovi impensati.

Per questo oggi non voglio saperne di rievocazioni storiche, ma mi  interessano  gli  aspetti  della  terra  il cielo e il mare  e  gli umori  della  gente  che  vive  e  lavora.    Il cielo  è  scoperto,  la macchina punta verso  nord  e il  gran  sole torrido  svela  ogni particolare dei rilievi. Nessuna linea  diritta,  per quanto guardi   intorno a me.Non casupole,  non prati,  non sorgenti.

Nient’altro che la terra, la terra  nuda . Più nuda, riarsa almeno in questo tratto…

Il  caldo si  fa  intenso e  noi  ne  proviamo  la  forza  e  il peso.

Scendiamo ad ammirare alcuni castagni,  altissimi  e maestosi, coi loro raggi di fiori gialli…continuo a cercare nei geroglifici del suolo il  segno dell’uomo,  una  casa,  un campo  arato,  una palizzata.

Ed ecco  che, invece, il paesaggio si fa verde,  si popola di alberi a perdita d’occhio ed  entriamo nella  frescura,  nel  sogno.

Ora  i  boschi   ondeggiano   come   messi ,   si  allungano   nel meriggio.

Si  distinguono  le  linee  tortuose  dei  vialetti  e  dei  sentieri, ciascuna  con una sua ombra particolare, con una vita  ed  una profondità diverse…  Penso  ai   vagabondi ,   ai    pastori  che  l’avranno occupata infinite volte,   a  qualcuno  che  vi  si   sarà fermato  in  cerca  di riposo,   di calma oltre il fresco.   Per me è come  un’oasi  nella campagna, un sereno rifugio  della natura, dove  i  nervi   si   distendono   e   i   pensieri   si   raccolgono .

Qua dentro io mi chiuderei con una pagnotta e un libro:  solo .   E non avrei paura  d’addormentarmi,  di  distendermi. (Concerto garganico, cit., pp.9, 29, 30, 31, 32).

Questo  era  il  Gargano  di  Capuano .   Egli  sapeva  veramente raccogliere  il  respiro  delle  cose   e  tradurlo   in  vera  poesia.

Un altro grande scrittore e poeta  ha  saputo  leggere,  sentire  e interpretare in questo  modo  il  fascino  segreto  del Gargano:  Pasquale Soccio, figlio della Terra di San Marco in Lamis.

Tra poco sentirete  declamare  dalla  viva  voce  di  un  giovane sangiovannese alcune poesie di Lellino,  fra  le  più significative e dedicate, per l’appunto, al suo  paese e al Gargano in generale .

“ Nessuno  come  lui  aveva  scrutato  con  tanta  sagacia   nel profondo  dell’anima   garganica” (Saverio  La  Sorsa , nella Prefazione ai Canti popolari della mia terra ) .

Raffaele Corso, un vero monumento della cultura e  insigne studioso della  civiltà  letteraria mediterranea ed  italiota  in  particolare,  scrisse  di   Capuano:

“ Se tutti  i  nostri  paesi , dalle Alpi al mare , avessero  fervidi ricercatori  della  tempra  del  Capuano,  potremmo  veramente dire  di  conoscere le  tradizioni  e  l’anima  del popolo italiano dalle molte vite (in M.Capuano, Le Laude, Presentazione, Milano 1959, p.13).

In  questa  epigrafica  considerazione,  Capuano trova  la  sua  meritoria e giusta collocazione e certamente  egli diventa  una guida ed un maestro per tutti coloro  che  nel  nostro  paese si

dedicano  allo  studio del  dialetto,  delle  costumanze  e  delle tradizioni  popolari.

Non bisogna dimenticare la sua opera e guardare a Don Lellino con  grande e sincera  umiltà  di  imparare ed attingere, a  piene mani,   a  quel  patrimonio  che  lui  ha lasciato al nostro popolo.

Il Museo delle Arti e delle tradizioni popolari di San Giovanni Rotondo (in Corso  Matteotti )  oggi  porta  il  suo  nome e ciò riempie  il  mio  cuore  di   una   grande  gioia ,   in  quanto   fui proprio  io  a   presentare  la  proposta  di dedicazione,  prontamente raccolta e resa possibile, con grande sensibilità, dal sindaco Prof.  Davide  Fini .

E con il sommo Orazio bene possiamo affermare:

Exegi monumentum aere perennius

regalique situ pyramidum altius,

quod non imber edax, non aquilo inpotens

possit diruere aut innumerabilis

annorum series et fuga temporum.

Non omnis moriar multaque pars mei

vitabit Libitinam:  usque ego postera

crescam laude recens, dum Capitolium

scandet cum tacita virgine pontifex.

***

Ho eretto un monumento più del bronzo

durevole, più forte del regale

squallore che consuma le piramidi;

e non potranno diroccarlo mai

né il roder della pioggia né la furia

del vento aquilonare né la serie

degli anni innumerevoli e la fuga

delle stagioni. Non interamente

io morirò, ma sfuggirà di me

molta parte a Proserpina; alla lode

dei posteri di vita sempre nuova

crescerò finchè salga al Campidoglio

con la tacita vergine il Pontefice

(Orazio, Odi, III, XXX, 1-9. Traduzione di Enzio Cetrangolo).

E Capuano non cadrà mai nell’oblio. La  sua  opera,  come  il monumento oraziano, resterà per sempre nella nostra memoria.

“Ma don Michele, uno degli ultimi medici umanisti,  non  ci ha lasciati  a mani vuote,  ci  ha lasciato il  conforto di  una tenace  consolazione :  l’esempio  di   una  vita   intensa   e  fruttuosa,  soprattutto,  l’impagabile e affettuosa compagnia dei suoi libri, raro alimento spirituale e viatico fraterno e prezioso in questo mondo così  straordinario  e  terribile,   dove  ognuno  di  noi, ricordiamolo  senza  timore, non  è  che  un  ospite  passeggero.”

( in M.I.De Santis, citato).

***

Don Lellino è morto?    No, egli è vivo.

Egli cammina con noi nelle strade  e  nei vicoli  del  suo borgo antico, della sua “Chiazza ranna”;

egli  raccoglie  ancora  i   sospiri profondi della   sua gente  e  li sussurra dolcemente al nostro cuore  e  ci  accompagna  come una dolcissima  e cara  ombra  ( come  direbbe  il  grande poeta Maria Turoldo) ;

egli  è  presente  nell’azzurro  del   cielo   e  nelle nuvole che incoronano la cima  dei nostri  monti  e nelle verdi vallate che i suoi occhi seppero guardare;

egli è  presente e  respira  nel vento che  fa agitare   le chiome delle querce;

egli è presente nei bianchi fiori   del  mandorlo di Patariello e nelle viole che annunciano l’incipiente primavera;

egli è presente nei  fiocchi  di  neve che   dolcemente coprono i tetti delle case dei nostri Padri.

Tutto questo ha cantato ed in questo universo  egli  sarà sempre presente.

Egli è vivo in noi e nella sua cara   compagna  signora  Salvina Armillotta  Capuano,  che  saluto  con  grande  affetto e  sincera stima.

Egli è  vivo  nei  suoi figli  e nei  figli  dei  figli,  degni  custodi e interpreti del suo messaggio culturale, morale, esistenziale.

Essi certamente non dimenticheranno e custodiranno per sempre, nel cuore e nella mente, la voce e l’immagine del loro papà.

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Per non dimenticare

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Un bacio

E ora dammi un bacio,

paese mio di sole e d’allegria,

di vento e di tempesta.Già la festa

si perde nella sera.Tutto il miele

dentro l’arnia  è finito .

Io aspetto le viole a primavera,

ma comincia da te la nostalgia.

(  M.Capuano,  In “ Pajese mie”,  cit.   )

Brevi note biografiche

tratte da Michele Capuano – medico e letterato, di S. A. Grifa. Quaderni di Gargaros, n. 3. Copie numerate. San Giovanni Rotondo 2006. Proprietà letteraria riservata all’autore.

Michele Capuano nasce a San Giovanni Rotondo il 25 giugno 1913,  si  laurea  in  Medicina  e Chirurgia presso l’Università degli  studi  di  Pavia con  una  tesi  sperimentale sulla  benzedrina, con il massimo dei voti e la relativa pubblicazione.

Nel 1939 si abilita all’esercizio della professione medica.

Durante la seconda guerra mondiale egli è  inviato in  Libia (a Misurata),  ove  svolge  le  mansioni   di   ufficiale   medico di battaglione ed in seguito viene inviato in  Calabria come  diriigente  dell’infermeria  presso il  Quartier  generale del   XXXI Corpo d’Armata.

Insignito, poi, della croce al merito di guerra per le attività svol-te nella campagna bellica 1940-1943.

Ritornato nella sua città natale, viene nominato medico  legale e autoptico per   conto della  pretura  di  San Giovanni  Rotondo, svolgendo  anche  le mansioni  di  medico presso l’ambulatorio dell’Opera Nazionale Maternità e infanzia (fino al 1951).

Inoltre, svolge attività di medico chirurgo per molti e molti anni nella sua città natale.

Dal 1970 al 1984 fa parte del Consiglio direttivo dell’A.M.S.I (Associazione dei Medici scrittori italiani),  con  sede  a  Roma.

Dal 1972  è  socio  dell’A.M.I.L . (  Associazione medica inter-nazionale  di Lourdes).

Dal 1975, socio della S.I.S.M.   ( Società  italiana di  Storia della Medicina), Roma.

Dal 1983,  socio  della  S.I.H.M ( Società  internazionale  della Storia della Medicina), Parigi.

1993-1989, componente della Commissione storico-scientifica per la Causa di Beatificazione di Padre Pio.

Dal 1985, socio dell’Associazione  meridionale  di  Medicina e Storia, Messina.

Dal 1986, vice presidente dell’A.S.L.A.I( Associazione sanitari letterati e artisti italiani ), Brescia.

Dal 1990,  componente del  Consiglio  direttivo  della  Società italiana di Storia della Medicina, Firenze.

Dal 1992,  socio dell’Accademia  di  Storia dell’Arte  Sanitaria,

Roma.

Muore il 10 marzo 1993, nella  sua casa  ubicata  nel cuore del centro storico di San Giovanni Rotondo.

Pubblicazioni – Lavori letterari e di vario argomento

Canti popolari della mia terra (etnologia), Cappetta, Foggia 1954.

Giorni di grazia (poesia), SIA,  Bologna 1955.

Il serto di Pan (poesia), Cappetta,  Foggia 1955.

Il libro di Aglaia (poesia), Convivio letterario, Milano 1957

Le laude (etnologia), Convivio letterario, Milano 1958.

Gente garganica (narrativa), Aster Foggia 1965.

Concerto garganico (narrativa), Cappetta, Foggia 1965.

I grandi garganici (saggistica), Cappetta, Foggia 1966.

San Matteo  tra  cronaca e storia ( saggistica ),  SED, Foggia-Napoli 1967.

L’ospite passeggero, (poesia), Rebellato, Padova 1975.

Quadriga (narrativa), Carena, Sarzana 1977.

Una giornata di Padre Pio ( narrativa),  Edizioni  Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo 1977.

Quarta dimensione (poesia), Bertoncello,  Padova 1980.

Rosso, nero e multicolore (poesia),  Bertoncello,  Padova 1982.

Cantata sangiuvannara (poesia),  La Vallisa,  Bari  1986.

Gargano amore (poesia), La Vallisa,  Bari 1987.

Pajese mie (poesia), La Vallisa,  Bari 1988.

Tempo e immagini del Rinascimento italiano (saggistica), La Vallisa,  Bari 1990.

Jangiule e diavule,  Nuovo Cracas,  Roma 1992.

Piccolo rosario della speranza (narrativa),  La Vallisa, Bari 1992.

Lavori scientifici e di storia della medicina

Nicola D’Apolito, Il Gargano, Vico Del Gargano, III, 3,     1952.

La morte fisica di Gesù,  La Casa Sollievo della Soffe-renza, S.Giovanni Rotondo, V, 7, 1954.

La vita e l’opera del chirurgo D’Apolito, Leone, Foggia 1962.

L’aspetto fisico di Gesù, La Casa Sollievo  della  Soffe- renza, S.Giovanni Rotondo, XV, nn.6-7-8, 1964.

Le stimmate  di  fronte  alla  scienza,  La  Casa  Sollievo della Sofferenza,  S.Giovanni  Rotondo,  XIX,   nn.19-20, 1968.

Una consulenza  inedita  di  Vincenzo  Lanza,   Atti del XXVII Congresso  nazionale  di Storia  della Medicina, Caserta, Capua, Salerno, 12-14 settembre 1975, Rivista di Storia della Medicina, Roma, XIX, fasc.1, 1975.

Un’esperienza prematrimoniale  di  Vincenzo Conzaga, La Serpe, Roma 1976.

Inchiesta per la morte di Pietro Leoni, medico personale di  Lorenzo il  Magnifico,  XXVI  Congresso  nazionale dell’A.M.S.I., Spoleto 1977.

Col Rajberti alla scoperta della civiltà del vino,  Atti del XXIX  Congresso   nazionale   della   Medicina,  Casale Monferrato 1978.

Nicola D’Apolito  e  il suo metodo di enterorafia,  XIV Biennale di studi della storia dell’Arte sanitaria e della Scienza, Fermo 1981.

Vincenzo Raho e la lotta anticolerica in Capitanata, in La Puglia  nell’evoluzione del  pensiero medico–scien-tifico, a  cura  di  I.Iacovelli.   Atti  del   XXX  Congresso nazionale di  Storia  della  Medicina,  Taranto,  Massafra,  Martina Franca, Taranto 1981.

La  Medicina   nell’opera   di   Nino   Palombo , in   Le stagioni di Nino Palumbo, a cura di Sebastiano Martelli e con l’Introduzione di  Giuliano  Manacorda,  Bastogi,  Foggia 1983.

Alessandro  Minuziano e   la  prima   controversia   sul Copyright   nella  Storia   dell’editoria ,  Atti  della  XV tornata  per  gli studi  storici  dell’Arte medica  e   della Scienza, Fermo 1983.

Medici e medicina in un gruppo di testi denigratori  del passato e del presente,  in  Medicina  e  Storia,  a  cura di Olivio Galeazzi, Atti del  XXXI  Congresso nazionale di Storia della medicina,  Ancona- Senigallia, Ancona 1986.

Una  cronaca  inedita  su  Teodorico  dei  Borgognoni,  nominato vescovo di Bitonto, Atti della XVIII tornata per gli studi  storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1984.

Michele  Mitolo  fisiologo e storico della medicina, XIX tornata  per  gli  studi  storici  dell’Arte  medica  e  della Scienza, Fermo 1985.

Prime  ricerche  su  Sibilla  ( o Sibilia ) ,  una  chirurga garganica  del XIII   secolo, XX  tornata  per gli   studi storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1986.

I ritratti  di  Dante  e  il profilo  anatomico  del    poeta, Il Lanternino, IX, 2,  Trieste 1086.

La pazzia di Cardano,  XXI  tornata  per gli studi storici dell’arte medica e della Scienza, Fermo 1987.Pubblicata  in Il Lanternino, XI, 1, Trieste 1988.

Prospettive di Medicina sociale nel trattato delle  acque minerali di  Nicola  Andria, II   Congresso  nazionale dell’Associazione  meridionale  di  Medicina   e  Storia, Taranto  1986 .     Pubblicato  in   Il  Lanternino, Nicola Andria termalismo e Medicina   sociale ,  X,   1,  Trieste 1987.

Influenza   della   nascita  della  medicina  ottocentesca nella struttura della visita medica:  la realtà   napoletana nel   contesto   europeo ,   International   Workshop   on history, anthropology and epistemology, Senigallia 1987.

Le visite mediche alle stimmate di   Padre Pio,  Atti   del Convegno  internazionale  di studio  sulle  stimmate   di Padre Pio da  Pietrelcina,  San Giovanni  Rotondo  1987.

Le ombre lunghe della depressione nel teatro di Cechov Atti del  XXXIII  Congresso  nazionale  di  Storia  della Medicina, Sulmona 1987.

La Medicina nell’opera di  Giulio  Cesare  Vanini, XXII tornata  per gli  studi dell’Arte medica  e  della Scienza,  Fermo 1988.

Il periodo  bolognese   di   Cardano,  XXXI   Congresso internazionale  di Storia  della  Medicina, Bologna 1988.

Padre Pio e il dolore, XXIII tornata per gli studi  storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1989.

La  fisiologia  di  Leonardo  negli  scritti  del   fisiologo Filippo  Bottazzi,  XXIV  tornata  per  gli   studi   storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1990.

Medicina e magia  nel carisma dei protagonisti europei dal  XVI  al  XVIII  secolo.   International  Workshop on history, anthropology and epistemology of Medicine, II Stage, Senigallia 1990.

Il pensiero di Paracelso tra  Medicina nuova  e  visione magica del mondo, XXV  tornata  per gli  studi   storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1991.

La Puglia  e  i  problemi  dell’infanzia:  antiche carenze e certezze, Atti della XXVI  tornata  per gli  studi  storici dell’Arte medica e della Scienza, Fermo 1992.

Premi letterari ed encomi vari

Premio Cardone per l’etnologia.

Premio Gargano per la saggistica, Vieste 1966.

Premio di cultura della Presidenza del Consiglio,  Roma, 1966, 1974.

Graffito d’oro per la poesia, Genova 1976.

Premio Meloni-Scena illustrata, per la narrativa, Bagno di Romagna 1976.

Premio Colosseum per la letteratura, Roma 1979.

Graffito d’argento per la narrativa, Roma, Campidoglio 1981.

Premio di poesia,  Castel del Monte, Andria 1981

Premio di poesia, Scena illustrata, Gracovia 1985.

Premio I migliori dell’anno per la saggistica, Sanremo 1985.

Premio giornalistico del Ministero degli esteri polacco,

Roma, Ambasciata di Polonia, 1985.

Premio   internazionale  I migliori   dell’anno per   la saggistica ,  promosso  dai  periodici :  Scena  illustrata (Roma),  Przkroj (Gracovia),  Policoro (Matera), 1991.

———————————-

Il 18 settembre 2006, con una lettera aperta, Protocollo generale n.2435 – il Prof. Salvatore Antonio Grifa ha proposto al Sindaco dott.Salvatore Mangiacotti, di istituire un parco letterario sangiovannese, intitolato al dott. Michele Capuano.

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