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Il miracolo della beatificazione di padre Pio

30 Gennaio 2010 di Pietro Gerardo Violi

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Nell’esaminare le guarigioni, che vengono riferite come miracolose, ottenute dal Signore per l’intercessione di Padre Pio, cerco di essere il più possibile asettico e di vestirmi solo della mente dello scienziato; la mia rigidità è persino esagerata. Mi sono lasciato guidare dai fatti, senza nulla aggiungere, né togliere e discutere; di fronte ad un malato guarito in modo “miracoloso” mi sono sempre comportato come davanti ad un malato ordinario. Esamino il caso senza alcuna prevenzione, valutando l’insieme degli argomenti.
Nell’esaminare sia la guarigione della signora Consiglia De Martino sia altre guarigioni ottenute per l’intercessione di Padre Pio, il mio scrupolo è divenuto sempre più eccessivo.
Anche se, più volte, ho pensato che fosse giusto fondere la mia mente di uomo di scienza con quella di uomo di fede.
Dal punto di vista scientifico mi attengo a dei parametri di valutazione ben precisi, perché una guarigione possa dirsi straordinaria.
Dr. Pietro Gerardo Violi

Il fatto: guarigione della sig.ra Consiglia Di Martino

varie_Achieva-1.50-T6_590CONSIGLIA DE MARTINO è nata a Salerno il 20-01-1952, è casalinga, coniugata dal 1972 con Antonio Rinaldi, commerciante. All’atto del Processo il padre è vivente e gode di buona salute. La madre è deceduta all’età di 50 anni per tumore cerebrale.
Rivedendo l’anamnesi patologica relativa al ricovero del primo novembre 1995, riporto le parti più salienti.
La sera del 31 ottobre 1995, la Paziente, dopo due giorni di stress psico-fisico, per l’assistenza in ospedale ad uno zio, mentre cenava in casa di una parente, accusò, dopo un accesso stizzoso di tosse, una sensazione dolorosa, definita come “strappo”, “fitta”, localizzata nella parte alta dell’emitorace di sinistra, regione sternale, sopraclaveare. La paziente attribuisce il malessere alla intensa attività fisica espletata per l’assistenza a questo parente gravemente ammalato e poi deceduto. Nelle 48 ore precedenti, infatti più volte sollevò e aiutò a cambiare di posizione l’ammalato. Durante uno di questi sforzi, avvertì un dolore lancinante al petto come uno strappo. Ritornata al proprio domicilio, incominciò ad avvertire sensazione di malessere generale.
La mattina successiva, 1 novembre 1995, avvertì un mal definibile come sensazione di oppressione al petto, per cui riparò in casa della sorella Carmela. Qui si accorse, poco dopo, di un “senso di gonfiore” nella zona sopraclaveare sinistra ed un senso di soffocamento. Controllandosi allo specchio, notò, in tale sede una grossa tumefazione, della grandezza di un’arancia. Pertanto, spaventata, si fece accompagnare immediatamente, dal cognato Luigi Rinaldi, al Pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Salerno “S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona”. Appena giunta, il sanitario di guardia, dottoressa Silvana Anzalone, dispose l’immediata esecuzione di una TC total body senza mezzo di contrasto. L’esame evidenziò:
“Presenza di raccolta fluida in sede latero-cervicale sn che si estrinseca in sede sopra e sotto-claveare omolaterale, comprimendo e dislocando le strutture viciniori verso il controllato. Disomogeneità con presenza di fluido anche in sede mediastinica e retrocrurale. Presenza di raccolta fluida della stessa densità di quella trovata a livello cervicale, nel retroperitoneo mediano adesa ai grossi vasi, agli psoas ed agli ureteri”.
Prontamente venne ricoverata presso la III Divisione di Chirurgia Generale ove, all’esame obbiettivo, le venne riscontrata la tumefazione, che il Medico descrive nel modo seguente: in fossa sopraclaveare sinistra presenta una tumefazione mobile, molle, fluttuante, non aderente ai piani sottostanti; di carattere non infiammatorio, ricoperta da cute normale. Nella serata del medesimo giorno, per meglio precisare la diagnosi, dopo alcune ore, la Paziente fu sottoposta a nuovo esame TC total body con mezzo di contrasto. Il secondo esame conferma il dato già acquisito.
“Si conferma quanto rilevato all’esame diretto con la presenza della raccolta fluida in sede latero-cervicale, sopra e sotto-claveare sinistra, mediastinica, retrocrurale e retroperitoneale mediana. Segni di compressione sulle strutture mediastiniche con modica dislocazione verso il controllato”.
Le caratteristiche semeiologiche: tumefazione mobile, fluttuante; di sede: regione sopraclaveare sinistra; le indagini strumentali eseguite, in particolare la TC, che definiscono la particolare localizzazione del versamento, sopraclaveare, mediastino posteriore, retroperitoneale, inequivocabilmente hanno fatto pensare ad una lacerazione e successiva rottura del dotto toracico. D’altronde, come con grande oculatezza, fu, poi, posta la diagnosi alla dimissione, avvenuta dopo cinque giorni, senza aver effettuata alcuna terapia né medica, né tantomeno chirurgica, evacuativa e/o diagnostica.
Infatti il giorno successivo, il caso venne esaminato dal Primario della Divisione. Egli prese visione delle TC eseguite, visitò la sig.ra De Martino e pose diagnosi di rottura o lacerazione del dotto toracico conseguente a trauma con imponente versamento di liquido linfatico, stimato in circa due litri, e pose, inoltre, indicazione ad un intervento chirurgico non essendo attuabile alcun’altra terapia.
Per poter meglio comprendere il caso clinico e dare una giusta comprensione al tutto, in quanto, talvolta, qualcosa potrebbe apparire lacunosa, credo sia opportuno ricordare brevemente la fisiologia e l’anatomia della linfa, della circolazione linfatica e dei canali collettori linfatici.
In condizioni ordinarie la linfa si forma a partire dal liquido intercellulare, fuoriuscito in eccesso dai capillari, aumentato a livello del tratto intestinale, del fegato, e del cuore.
La quantità di linfa che si forma è discontinua e variabile, comunque è stata calcolata intorno a 4 ml/min/Kg; alcune sostanze possono aumentare tale produzione o con un’azione lesiva sull’endotelio capillare o variando le pressioni oncotiche. Viene prodotta, specialmente nel primo caso, una linfa oseremmo dire “più densa”, con abbondante contenuto proteico.
La composizione della linfa varia secondo il territorio dal quale proviene; la linfa proveniente dall’intestino, contiene prodotti di assorbimento , oltre a contenere i materiali elettrolitici cristalloidi identici a quelli del plasma; praticamente è nella stessa concentrazione, in proteine lievemente inferiori, anche se quella del dotto toracico giunge a possedere quasi tante proteine quanto il plasma ed uguali ad esse.
La linfa del dotto toracico è particolarmente ricca di grassi, ai quali deve il suo aspetto lattescente, tale aspetto è specialmente accentuato durante il periodo di assorbimento intestinale. Contiene inoltre gli elementi figurati, praticamente la quasi totalità di linfociti. La densità della linfa è leggermente superiore a quella del plasma. La viscosità è alquanto inferiore di quest’ultimo.
Tra le altre funzioni vi è quella di trasporto delle proteine, di queste particolarmente l’albumina, sfuggite al compartimento vascolare; se non avvenisse tale trasporto ci sarebbe un accumulo nello spazio interstiziale di tali proteine che agirebbero aumentando la forza oncotica; si verrebbe a creare un edema progressivo per richiamo continuo di acqua in tale sede.
Per tali caratteristiche una volta che si crea uno spandimento nelle cavità o una stasi nell’interstizio, vedi elefantiasi arti inferiori, così detto “edema duro”, il riassorbimento avviene molto, ma molto lentamente, oppure diventa saccato.
Vorrei soffermarmi brevemente sull’anatomia dei canali collettori linfatici: il dotto toracico ed il dotto toracico di destra.
Il dotto toracico rappresenta il tronco collettore di tutti i linfatici del corpo, ad eccezione di quelli che provengono dall’arto superiore destro, dalla metà destra, della testa, del collo e del torace, che vanno a formare il condotto linfatico di destra.
Il dotto toracico nasce nella parte superiore della cavità addominale, come continuazione di una formazione sacciforme, la cisterna del chilo, o cisterna del Pecquet, che rappresenta il punto ove confluiscono tutti i tronchi linfatici sotto-diaframmatici. Da qui il dotto toracico attraversa il diaframma passando attraverso l’orifizio aortico ed arriva nel mediastino posteriore, che percorre verticalmente. Uscendo dal torace, giunge in corrispondenza della base del collo, a sinistra, ove termina sboccando, il più delle volte, nel punto di confluenza della vena giugulare interna con le vena succlavia.
I suoi rapporti: la cisterna del Pecquet, da dove nasce il dotto toracico, è situata profondamente. posta al davanti della colonna vertebrale, al di dietro dell’aorta, tra i due pilastri del diaframma. Il segmento cervicale del dotto toracico è posto nello spazio indicato quale trigono dell’arteria vertebrale. Il tratto terminale di questo segmento ha la forma di un arco con concavità inferiore. Il dotto comincia a piegarsi in avanti e lateralmente per contornare l’apice del polmone, ad un’altezza che corrisponde al margine inferiore della settima vertebra cervicale; qui viene ingrossato dai tronchi, giugulare, succlavio, bronco-mediastinico, si dilata a formare un’ampolla; poi si restringe di nuovo, proprio nel punto ove sbocca nel sistema venoso. Una piccola osservazione: nel vivente, assai spesso, il sangue venoso si spinge nell’ampolla, nonostante la presenza di due valvole, che si trovano nel punto di sbocco del condotto.
La terapia praticata e che viene riportata in letteratura è quella chirurgica; infatti, la risoluzione si ha sempre dopo la legatura del dotto associato al drenaggio toracico.
Già dalla mattina del 2 novembre, le condizioni cliniche evolvono in maniera inaspettatamente favorevole, senza che venga praticata alcuna terapia medica né tanto meno un intervento chirurgico. La tumefazione si riduce più della metà e la sintomatologia soggettiva regredisce completamente.
Il fatto che sia stato un episodio clinico acuto lo dimostra, oltre che la sintomatologia avvertita dalla Paziente e le indagini strumentali, anche l’esame emocrocitometrico eseguito il giorno 01-11-1995
Alla Paziente, ribadisco, non viene effettuata alcuna terapia né medica, né chirurgica.
Gli esami ematochimici, ricontrollati Il giorno dopo, cioè il 2-11-1995, risultano nella norma.
Il giorno 3 novembre la tumefazione è completamente scomparsa e la paziente asintomatica. In tale data si può datare la guarigione, secondo tutte le testimonianze raccolte.
La malata fu comunque trattenuta in ospedale per l’esecuzione di altri accertamenti.
Il giorno successivo, 4 novembre, un esame ecografico non evidenzia raccolta a livello addominale e la radiografia del torace, dopo circa tre giorni, recita: “Allo stato attuale non c’è esistenza di raccolte”
Lunedì 6 novembre viene eseguito un nuovo controllo TC total body con mezzo di contrasto: “Non alterazioni densitometriche parenchimali focali cerebrali. In asse le strutture della linea mediana. Sistema ventricolare regolare. Non alterazioni densitometriche parenchimali polmonari focali. Non tumefazioni linfonodali alle stazioni ilo-mediastiniche. Epatomegalia a densità omogenea. Milza, pancreas e reni senza evidenti lesioni focali. Non visibilità di processi espansivi in pelvi. Non raccolte latero-cervicali, mediastiniche od in addome. Non significative tumefazioni linfonodali alle stazioni addomino-pelviche”.
Persistendo condizioni di completo benessere, la paziente De Martino Consiglia viene dimessa dall’ospedale clinicamente guarita.
La diagnosi alla dimissione è stata così formulata: “Spandimento di liquido dalla fossa sovraclaveare sn lungo il mediastino posteriore ed il retroperitoneo fino allo psoas di sn di sospetta filtrazione traumatica del dotto toracico al suo sbocco”.

Ci troviamo, per le sue caratteristiche, di fronte ad un chilotorace con spandimento in retroperitoneo, qualunque sia stata la causa, anche se la clinica fa pensare ad un fatto traumatico.
La linfa per le sue caratteristiche, prevalentamente per la pressione oncotica, legata alle proteine (dalla cartella clinica risulta una riduzione delle proteine sieriche totali) prevalentamente albumina, ed altri componenti, simili a quelli plasmatici, come riferito nella premessa, determina un aumento di liquidi nel comparto dove avviene lo spandimento, salvo che non venga drenata. In questo caso, non solo non vi è stato un aumento del versamento nelle cavità in cui vi era linfa, ma al contrario una scomparsa così rapida, avvenuta in modo inspiegabile clinicamente e scientificamente, con la guarigione clinica della Paziente CONSIGLIA DE MARTINO.
La guarigione della signora Consiglia De Martino è una guarigione repentina e ritenuta eccezionale dai medici testimoni e dai vari periti per la modalità con cui è avvenuta.
L’eccezionalità che la caratterizza è legata alla pressoché immediata, completa e spontanea scomparsa di una ingente quantità di liquido, stimata in circa due litri, che per la sua composizione e per il suo elevato contenuto di sostanze, sicuramente non è suscettibile di riassorbimento spontaneo.
La risoluzione spontanea della patologia permette di evitare l’intervento chirurgico già programmato perché inizialmente ritenuto indispensabile ai fini della guarigione clinica: già nelle prime 24 ore di degenza, la sintomatologia soggettiva regredisce spontaneamente tanto che la paziente diviene completamente asintomatica e il giorno 3 novembre all’esame obiettivo, la tumefazione non è più rilevabile. Gli esami di controllo, come abbiamo già detto, eseguiti nei giorni successivi, confermano una evoluzione favorevole della patologia non evidenziando più la presenza di spandimento liquido.
Dopo la dimissione vengono eseguiti numerosi controlli clinici e strumentali da cui si evince che la guarigione è stata completa e duratura nel tempo.

La beatificazione di Padre Pio, avvenuta a Roma il 2 maggio 1999.

Dr Pietro Gerardo Violi – Medico Chirurgo

Leggi anche  l’articolo Il miracolo della canonizzazione di Padre Pio

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